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newsletter n°8 del 28 febbraio 2006


N.9 - Settimana dal 28 febbraio al 6 marzo 2006
 
 FLASH DALLA RELAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI PAOLO BEDONI AL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 3 MARZO 2006
L’autonomia è un bene indivisibile – “Poiché l’esperienza di questi anni ci ha dato forza e ragione, ognuno di noi sa benissimo che l’autonomia della Coldiretti è un bene indivisibile e una risorsa non spendibile sul mercato politico”. “Noi non abbiamo un problema di posizionamento rispetto agli schieramenti che si fronteggiano in queste o in altre elezioni. Non abbiamo né il problema di scegliere né il problema di essere scelti. Tantomeno abbiamo il problema (o la pretesa, che è peggio) di assumere un atteggiamento di formale equidistanza, che sarebbe un esercizio di neutralismo ipocrita visto che abbiamo un progetto e che su questo progetto continueremo a misurarci con chi governerà questo Paese”.
“Come imprenditori, dentro una organizzazione che ha unicamente nella capacità di rappresentanza la sua legittimazione, ci sentiamo impegnati a dare attuazione ad un progetto di modernizzazione di un comparto strategico dell’economia e della società italiana con una chiara percezione di quale debba essere la nostra collocazione di sistema-Paese in Europa e nel mondo”.
“Il nostro progetto di rigenerazione ora si proietta dalla politica agricola alla politica economica perché il comparto agroalimentare, se investe sulle potenzialità del “made in Italy”, è un motore fondamentale e prezioso per un nuovo modello di sviluppo dell’economia italiana. Abbiamo un progetto e un programma sul quale farlo camminare e i nostri interlocutori fondamentali in questa ulteriore fase, oltre alle Istituzioni ovviamente, sono le altre componenti della filiera agroalimentare allargata al soggetto nuovo che prorompe sulla scena economica e sociale: i consumatori”.
“Noi abbiamo lavorato a una piattaforma programmatica per questa fase ulteriore e questa piattaforma è la carta che noi mettiamo in campo oggi nel confronto con i due schieramenti e che porteremo avanti domani con il Governo che uscirà fuori dalle urne delle prossime elezioni politiche. Di questa piattaforma e di questo progetto noi siamo pronti a discuterne, come sempre, con le altre forze sociali. Ma non in conventicole di categoria. Non nella “cittadella agricola” con la sua visione corporativa e consociativa, con il suo repertorio di ambiguità, furbizie ed ammiccamenti che alimenta la pratica dello “scambio politico””.
“Siamo pronti e desiderosi di farlo alla luce del sole, al Tavolo agroalimentare, con tutti i soggetti della filiera in campo, in un rapporto trasparente con le Istituzioni e nel rispetto dei principi basilari di un “Patto con il Consumatore” che tutti si debbono impegnare a rispettare sempre e comunque. E’ vero che a quel tavolo le sigle sono molte, forse troppe. Ma questo davvero è un falso problema. Il peso delle rappresentanze è un dato di fatto, non è un’opinione”.
“Se la concertazione si sviluppa in termini progettuali (come noi certamente intendiamo continuare a fare) le Istituzioni sono perfettamente in grado di leggere la rappresentatività delle forze sociali che hanno davanti e se sono capaci o meno di assumersi responsabilità chiare verso i propri associati e verso l’opinione pubblica”. “Il tema centrale della concertazione nazionale è costituito dall’insieme delle scelte di politica economica che debbono dare impulso ad un processo di ridisegno e di ristrutturazione delle filiere-cardine del comparto agroalimentare”.
“Su questo un buon metodo di lavoro è stato impostato in quest’ultima fase della legislatura in sede di Tavolo agroalimentare e siamo convinti che esso sia una base, soprattutto concettuale, per portare avanti il lavoro nella prossima legislatura. E’ in ogni caso questo il salto di qualità nella concertazione che bisogna fare, quale che sia l’esito delle prossime elezioni e l’orientamento del prossimo Governo”.

Il collateralismo politico frammenta le forze sociali - Le “invocazioni all’unità ci sembrano piuttosto pretestuose” e “sono assai poco credibili visto che sfuggono alla questione centrale: l’effettiva autonomia”. “Ci si guarda bene dal tentare di affrontare i due nodi fondamentali che sono all’origine di una esasperata frammentazione della rappresentanza: il collateralismo politico sistematico e la mancanza di trasparenza nei modelli organizzativi e nelle relative forme di finanziamento”.
“Per  cominciare a discutere seriamente di unità bisogna avere il coraggio di sciogliere questi due nodi. Se non si parla di questo è difficile anche solo cominciare a prefigurare una situazione di semplificazione della rappresentanza. Che noi, per la verità, non consideriamo proprio il più importante dei problemi in questo momento. Il problema dell’autonomia è opportuno che ognuno se lo risolva prima di tutto a casa propria. Noi l’abbiamo fatto. Aspettiamo che lo facciano anche gli altri. Ma davvero”.
“C’è una terza condizione ed è fin troppo ovvia. Occorre che si condivida un progetto. Noi, il nostro progetto l’abbiamo messo in campo, e non da oggi. E’ declinabile in ogni aspetto e in ogni fase decisionale. Lo abbiamo sostenuto, portato avanti e, in molti punti qualificanti, siamo anche riusciti a realizzarlo. Ma c’è ancora molto da fare nella direzione che abbiamo preso, quella della rigenerazione della agricoltura come punto di forza (e come carta di credito) di un ridisegno profondo dell’intero comparto agroalimentare”.

La sicurezza è il perno del “made in Italy” alimentare - La fiducia è “il perno economico di un “made in Italy” alimentare credibile perché vincolato ai principi della sicurezza alimentare e capace di costruire su questo la sua competitività nel sistema globale”. “Abbiamo considerato inquietante, per esempio, il modo in cui i consumatori italiani hanno reagito alla stra-annunciata minaccia del rischio di pandemia da aviaria. Non si sono fidati delle rassicurazioni che piovevano da tutte la parti ed hanno portato il settore avicolo sull’orlo del tracollo”.
“Tutti insieme dobbiamo interrogarci sul perché questo è avvenuto soltanto in Italia. Certamente per una sfiducia generica nelle Istituzioni. Ma anche e soprattutto, io credo, perché la forbice tra aspettative e ritardi, proprio sul terreno della rigenerazione, diviene più ampia nelle situazioni in cui più velocemente cresce la consapevolezza e la cultura della sicurezza alimentare. La politica deve capire che questa forbice si può allargare”.
“Questo perno economico  ruota intorno al dialogo tra agricoltura ed industria, sul quale si può spendere l’intelligenza di marketing, oltre che la sensibilità culturale, del sistema della distribuzione nelle sue varie articolazioni. Noi siamo troppo europeisti per scelta e per vocazione per rifugiarci sotto l’ombrello bucherellato dell’italianità, in special modo quando parliamo di grande distribuzione”.
“Non possiamo però non privilegiare chi produce in Italia, con risorse umane e prodotti del territorio con metodi e sinergie che portano ad una valorizzazione del “made in Italy”. Tanto più che il “made in Italy” è molto di più del prodotto che esprime. E’ cultura della sicurezza alimentare e della sostenibilità ambientale. Dobbiamo renderci conto che proprio dalla nuova agricoltura e da quella che noi chiamiamo la sua “rigenerazione” è venuta la spinta che oggi porta a riconoscere all’Italia un ruolo di punta avanzata in Europa sul terreno della sicurezza alimentare”. 

 IMMIGRATI: VIA AI NUOVI INGRESSI PER I CITTADINI NEOCOMUNITARI
Quasi la metà dei lavoratori che arriva in Italia dai paesi neocomunitari trova lavoro in agricoltura dove la presenza degli immigrati raggiunge quasi il 15 per cento degli occupati totali ed è una componente indispensabile del tessuto produttivo per molte coltivazioni: dalle fragole al tabacco, dalla frutta alla vendemmia, dall’allevamento alla raccolta degli ortaggi. E’ quanto ha rilevato la Coldiretti in riferimento alla pubblicazione del decreto flussi per cittadini neocomunitari sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo, che precede quello per i lavoratori extracomunitari, determinanti per il lavoro nelle campagne, previsto per il 7 marzo con il via libera alle assunzioni a partire dal giorno 14.
Con il giorno successivo alla pubblicazione del decreto sugli immigrati neocomunitari si dà il via libera alle procedure di assunzione di 170 mila lavoratori provenienti da Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Slovenia o Ungheria, con un contratto di lavoro subordinato anche stagionale.
La richiesta di lavoratori provenienti da questi Paesi è particolarmente elevata per il settore agricolo, ma anche per quello turistico, alberghiero e per quello dell’assistenza alla persona con le badanti sempre più presenti nelle famiglie italiane. Le 170mila autorizzazioni disponibili per l’ingresso dei lavoratori neocomunitari dovrebbero risultare adeguate a soddisfare le domande che devono essere spedite nel giorno successivo alla pubblicazione dagli uffici postali con richiesta di nulla osta allo Sportello Unico per l'immigrazione, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.
Per i lavoratori stagionali le richieste potranno essere inviate tramite una procedura informatica via internet attraverso gli uffici della Coldiretti o di altre organizzazioni di categoria. Da una corretta e tempestiva programmazione degli ingressi di lavoratori provenienti dall’estero può venire - sostiene la Coldiretti - un contributo determinante alla crescita economica del Paese, ma anche alla lotta alla clandestinità e al lavoro nero.
  

 CREDITO:  NASCE IL COMITATO NAZIONALE DEI CONSORZI FIDI 
Con l’obiettivo di supporto e assistenza nell’accesso al credito e di contrattazione con il sistema bancario per la produzione di convenzioni di interesse per i confidi e le imprese agricole associate è stato varato il Comitato nazionale dei Consorzi fidi. Ad esso sono affidate in modo graduale e progressivo oltre che le funzioni di coordinamento ed indirizzo delle attività dei confidi regionali anche la progettazione di iniziative e azioni di sviluppo con il sistema bancario per la crescita dell’impresa agricola (sistema di rating e valutazione qualitativa delle imprese, progetti di investimento a medio e lungo termine) nonché le relazioni istituzionali con la pubblica amministrazione e la rappresentanza del sistema bancario e con le associazioni dei confidi operanti in settori diversi dall’agroalimentare.
L’obiettivo  è di migliorare il rapporto tra banche e imprese nel sistema agroalimentare con il contenimento del costo del denaro ed un miglior accesso al credito anche per il finanziamento di attività innovative.