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newsletter n°18 del 25 luglio 2006


Settimana dal 25 al 31 luglio 2006


 TAVOLO AGROALIMENTARE: NEL DPEF GLI IMPEGNI SULLA FISCALITA’
“Stabilità del sistema fiscale e previdenziale come elemento rilevante per la competitività del settore agroalimentare il cui rafforzamento è considerato di importanza strategica per lo sviluppo equilibrato di un Paese come l’Italia è l’importante impegno assunto dal tavolo agroalimentare e contenuti del Dpef”. E’ quanto ha affermato con soddisfazione il presidente della Coldiretti Paolo Bedoni, giovedì 27 luglio, a conclusione del tavolo agroalimentare convocato dal Governo a Palazzo Chigi alla presenza del ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, del ministro per il Commercio internazionale Emma Bonino, del viceministro dell’Economia e Finanze Vincenzo Visco, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta e del presidente del Consiglio Romano Prodi che ha sottolineato la “centralità del settore agroalimentare per il successo economico del Paese”.
“In questo contesto - ha sostenuto Bedoni -  va anche sostenuto l’impegno del settore agricolo per la trasparenza e la regolarizzazione dei rapporti di lavoro dimostrato dal fatto che nel primo trimestre del 2006 si è registrato l’aumento record del 15,1 per cento nel numero di lavoratori dipendenti l’agricoltura che rappresenta la migliore performance tra i diversi settori produttivi e contribuisce in misura determinante alla crescita dell’occupazione. Anche per questo  ci sono le condizioni per estendere la proposta del Governo di riduzione del cuneo fiscale all’agricoltura dove i lavoratori a tempo determinato rappresentano il 90 per cento del totale del settore per il legame inscindibile con la stagionalità delle produzioni”.
“Per sostenere la competitività del settore è determinante dare piena attuazione alla Politica Agricola Comune (Pac) che nei suoi punti qualificanti e nei tempi più rapidi possibili è destinata ad avere una visibile, significativa incidenza sull’intero comparto agroalimentare innestando una serie di scelte virtuose che possono dare notevole impulso al made in Italy alimentare. Mi riferisco - ha concluso Bedoni - all’applicazione “senza sconti” dell’articolo 69 sulla qualità, alla modulazione, alla ricerca e a una gestione rigorosa del disaccoppiamento in modo che risorse crescenti della Pac vadano a investimento e vengano invece decisamente eliminate le sacche di rendita e di dispersione assistenzialistica”.
 

 FLASH DALLA RELAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI PAOLO BEDONI AL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 27 LUGLIO 2006
Concertazione: no a lobbismo vecchio o nuovo – “Non ci accontentiamo della concertazione all’acqua di rose, tutta di facciata, che in realtà lascia libero gioco alle vocazioni corporative, agli ammiccamenti consociativi, al collateralismo politico che toglie ruolo e credibilità alla rappresentanza, al lobbismo di vecchio e nuovo conio sulle cui ambiguità confidano i tanti “presenti ingiustificati” che rendono straordinariamente affollato e variopinto il cosiddetto “mondo agricolo”, una sovrastruttura alimentata da una pubblica amministrazione piena di esuberi ed espertissima in politiche di scambio”.
“Noi vogliamo una concertazione che abbia contenuti e caratteri progettuali, con un rapporto chiaro e limpido tra forze sociali e interlocutori istituzionali, con ruoli definiti e con definite assunzioni di responsabilità. Vedremo se, già alla ripresa di settembre, il Governo intenderà davvero dare continuità e prospettive alla scelta della concertazione. Se lo farà troverà in noi interlocutori decisi ad andare fino in fondo, con la determinazione e la coerenza che è difficile non riconoscerci”.
“Su un punto non possiamo però non lanciare un avvertimento: la concertazione non si fa senza dare il ruolo che a esse competono alle forze sociali e alla effettiva capacità di rappresentanza. Deve essere a tutti chiaro che è finito il tempo delle ammucchiate consociative, favorite (anzi ricercate) da una vecchia politica che amava immaginare l’esistenza indisturbata e l’autoreferenzialità di un mondo agricolo ben arroccato e protetto nella sua inaccessibile “cittadella” il cui unico mercato attivo era quello dello “scambio politico”. Niente di tutto questo deve restare, niente di tutto questo deve inquinare la dialettica trasparente di chi vive e si nutre di una vera scelta di concertazione”.
“Noi ribadiamo quindi un secco no al corporativismo, un secco no al consociativismo, un secco no al collateralismo. Siamo pronti al dialogo con tutti, ma non ricerchiamo unità formali e fittizie con nessuno, perché non è di questo che c’è bisogno nel rapporto tra le forze sociali ma di una ricerca continua delle convergenze sui temi reali.  E non capiamo francamente perché questo non possa avvenire in piena trasparenza sul Tavolo agroalimentare”.
“E’ inutile che ci nascondiamo dietro un dito: se vogliamo, come fermamente vogliamo, che si apra la stagione che porta la politica agricola dentro la politica economica non ha più senso ragionare fuori della logica di filiera. Chi pretende di resuscitare il lobbismo nella politica agricola rievoca i fantasmi di un passato morto e seppellito. E’ ridicolo pensare che in una fase storica in cui finalmente si comincia a capire che, nella definizione delle scelte di politica economica, è centrale il ruolo del cittadino-consumatore, ci sia qualcuno con logiche di questo tipo, davvero impresentabili e infrequentabili. Il lobbismo è un’arte rispettabile e spesso una necessità per chi ha bisogno di influenzare i meccanismi decisionali non avendo la possibilità (o la volontà) di farlo in modo visibile e in sedi formali. Non è cosa che ci riguardi. La concertazione è esattamente alternativa al lobbismo”.

Competitività: l’agroalimentare traina il made in Italy – “L’impresa agricola può agire oggi in controtendenza rispetto alla perdita progressiva di competitività del sistema e lo può fare per una serie di fattori che giocano a suo favore a condizione che essa agisca in modo virtuoso. Il principale di essi è la Riforma della Politica agricola europea che, mentre garantisce un quadro di certezze nel medio-lungo periodo, sollecita fortemente il sistema delle imprese verso investimenti sul terreno dell’innovazione, della qualità e della multifunzionalità”.
“Se il nostro Paese avrà il coraggio di attuarla nei suoi punti qualificanti, il made in Italy alimentare potrà avere un impulso straordinario ed ottenere rilevanti vantaggi competitivi sia sul mercato interno sia sul mercato internazionale. Questi vantaggi che si rifletteranno positivamente sui sistemi di filiera e sui settori economici contigui: dalla ristorazione al turismo, dall’artigianato alla produzione di energie rinnovabili a basso o nullo impatto ambientale”.
“L’attuazione dei punti qualificanti della riforma della Pac trova in Italia la sponda e il sostegno di una serie di leggi e provvedimenti che hanno profondamente innovato la politica agricola nazionale e aperto nuovi orizzonti all’impresa: dalla Legge di orientamento all’indicazione dell’origine, dalle aperture sul mercato del lavoro alle grandi opportunità di investimento su energie rinnovabili ed alternative. Tutto questo è il frutto di battaglie che abbiamo combattuto e vinto in questi ultimi dieci anni, non senza difficoltà e non senza resistenze, ma con una determinazione e una coerenza di fondo che alla fine si è rilevata premiante”.
“Questo è uno straordinario punto di forza per le nostre imprese e per il sistema-Paese, perché da una rigorosa attuazione della politica di riforme nell’economia agricola - a livello europeo, nazionale e territoriale - può derivare un apporto davvero significativo alla crescita del sistema economico italiano in sintonia con gli obiettivi enunciati nel Documento di programmazione economica e finanziaria e con la linea di politica economica che questi obiettivi, a rigor di logica, sottendono”.

Unione europea: l’Italia dia piena attuazione alla riforma agricola – “La sola piena attuazione della Pac nei suoi punti qualificanti e nei tempi più rapidi possibili è destinata ad avere una visibile, significativa incidenza sull’intero comparto agroalimentare innestando una serie di scelte virtuose che possono dare notevole impulso al made in Italy alimentare. Mi riferisco: all’applicazione “senza sconti” dell’articolo 69 sulla qualità, destinando quindi a essa il massimo delle risorse previste dalla Pac; alla applicazione convinta della modulazione, anche con l’obiettivo di ritagliare per la ricerca e per l’innovazione almeno l’un per cento delle risorse che dalla modulazione stessa verranno liberate; ad una gestione rigorosa del disaccoppiamento in modo che risorse crescenti della Pac vadano ad investimento e vengano invece decisamente eliminate le sacche di rendita e di dispersione assistenzialistica; ad una finalizzazione su obiettivi di sviluppo territoriale dei cosiddetti “piani di sviluppo rurale” che mettono in moto almeno due miliardi di euro e che quindi possono diventare un importante fattore di sviluppo soprattutto in economie locali e in distretti che mostrano di avere una forte vocazione agroambientale”.
“Tutto questo è oggi nelle nostre immediate possibilità, non richiede nuove risorse, porta a risparmi di sistemi e sollecita comportamenti virtuosi dell’impresa che si riflettono positivamente sul comparto agroalimentare e quindi sull’intero sistema economico. In ultima analisi, porta sviluppo, lavoro e fiducia nel mercato e da parte del cittadino-consumatore”.
“Vediamo se il Governo avrà il coraggio e la determinazione di andare avanti senza indugi su questa strada e di confermare un’analoga impostazione in sede di negoziato europeo per quanto riguarda gli Ocm su vino e ortofrutta, terreni questi di primaria importanza per il futuro del made in Italy e per porre l’Italia in quella posizione di leadership sul piano dell’innovazione e delle riforme alla quale crediamo di poter aspirare in Europa quando si parla di politica agricola. Queste condizioni ci sono, vanno colte e valorizzate perché rappresentano un’opportunità davvero unica, non solo per l’impresa agricola ma per l’intero comparto agroalimentare”.
 WTO: RIPRENDERE AL PIU’ PRESTO IL NEGOZIATO SUL COMMERCIO MONDIALE 
E’ necessario che il negoziato multilaterale riprenda al più presto per garantire la trasparenza e la sostenibilità degli scambi commerciali, anche in riferimento alla distorsioni determinate da una insufficiente protezione dei prodotti alimentari dalle imitazioni e falsificazioni. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Paolo Bedoni che, nel commentare con preoccupazione il fallimento del negoziato sulla conclusione del Doha Round, ha sottolineato come la ricerca dell’accordo deve valorizzare i passi in avanti fatti dall’Unione Europea con la riforma della Politica Agricola Comune.
Va riconosciuto - ha continuato il presidente della Coldiretti - che dalla conclusione della Conferenza di Cancùn (settembre 2003) fino a quella di Hong Kong (dicembre 2005) la Commissione Europea ha fatto di tutto per dimostrare le propria flessibilità nel presentare proposte equilibrate che non sono state colte dalle altre delegazioni per la conclusione positiva dell’accordo.
La difesa dalle imitazioni presenti sulle tavole internazionali che costa fino a 50 miliardi di euro al sistema produttivo italiano - ha concluso Bedoni - è una priorità per l’agroalimentare nazionale che come ha sottolineato il ministro delle Politiche Comunitarie e del Commercio internazionale Emma Bonino è una delle leve sulle quali puntare per il rilancio della competitività del made in Italy.