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newsletter n°15 del 13 giugno 2006


Settimana dal 13 al 19 giugno 2006  
 IL COPA-COGECA CHIEDE L’ETICHETTATURA OBBLIGATORIA DEGLI ALIMENTI 
Nella futura legislazione comunitaria in materia di etichettatura degli alimenti occorre prevedere soprattutto per i trasformati un’indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti agricoli impiegati “intesa come luogo in cui il prodotto è stato coltivato o in cui l’animale è stato allevato” e non solo quello di confezionamento come accade per esempio per il succo di arance brasiliane imbottigliato in Europa. E’ quanto hanno chiesto i rappresentanti di 15 milioni di persone impegnate nell’agricoltura comunitaria nel testo del documento sull’etichettatura alimentare approvato dal Praesidium del Copa-Cogeca, con il sostegno determinante del Presidente della Coldiretti Paolo Bedoni eletto recentemente vicepresidente dell’organizzazione degli imprenditori agricoli europei con la delega alla sicurezza alimentare.
Nel documento approvato dal Copa-Cogeca si chiede peraltro che anche per i prodotti biologici venga resa chiaramente visibile al consumatore l’indicazione dello Stato membro o del paese extracomunitario da cui provengono, come pure per i prodotti a denominazione di origine (DOP/IGP) per i quali dovrebbe essere reso obbligatorio indicare il paese di origine delle componenti agricole usate in un prodotto come parte dell’etichettatura degli ingredienti.
L’Italia  ha fatto valere il proprio ruolo di leadership nelle politiche rivolte alla qualità e alla sicurezza alimentare e a distanza di pochi giorni dall’entrata in vigore delle norme nazionali sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine del pomodoro impiegato nella passata, anche dall’Europa viene una importante spinta per superare i ritardi ancora presenti nella normativa comunitaria sulla trasparenza dell’informazione ai consumatori. Un’esigenza nel mercato globale soprattutto alla luce delle recenti emergenze sanitarie (dalla mucca pazza dell’Inghilterra al pesce al mercurio, dal latte alla diossina del Belgio ai polli all’antibiotico del Brasile fino all’influenza aviaria) che hanno fatto crescere le preoccupazioni nei cittadini europei.
 

 POMODORO: ENTRATA IN VIGORE LA NUOVA ETICHETTATURA DI ORIGINE DELLA PASSATA
Con l’obbligo a partire dal 15 giugno 2006 di indicare in etichetta l’origine del pomodoro impiegato nella passata è stata vinta una battaglia durata due anni e mezzo e che continuerà per garantire ai consumatori la trasparenza dell’informazione sulla provenienza di tutti i prodotti alimentari, a partire dall’olio di oliva fino alla carne di maiale che restano per ora anonimi. E’ quanto ha ricordato la Coldiretti nel celebrare, mercoledì 14 giugno, in tutta Italia, a partire da Piazza Montecitorio a Roma la “Giornata nazionale del pomodoro italiano” alla quale hanno preso parte oltre cento mila persone.
La “carta di identità” per la passata di pomodoro è il risultato finale di un percorso iniziato nel dicembre 2003 quando sono state consegnate al Parlamento un milione di firme raccolte dalla Coldiretti a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare alla quale hanno aderito associazioni dei consumatori, ambientalisti, gastronomi, nutrizionisti, rappresentanti delle Istituzioni a tutti i livelli che ha portato alla approvazione della Legge 204 del 3 agosto 2004 sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti.
Successivamente Il Tavolo agroalimentare del 26 luglio 2005, nell’incontro di palazzo Chigi su richiesta del Presidente della Coldiretti Paolo Bedoni ha assunto l’impegno ad emanare due decreti per disciplinane la passata e per prevedere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta. Con la pubblicazione del decreto 23 settembre 2005 sulla Gazzetta Ufficiale n.232 del 23 settembre è stata definita la passata di pomodoro che può essere ottenuta solo direttamente da pomodoro fresco con l'eventuale aggiunta di spezie, erbe, piante aromatiche e sale ma con una presenza di bucce e semi non superiore al 4% del prodotto finito, mentre il decreto interministeriale del 17 febbraio 2006  pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.57 del 9 marzo 2006 ha previsto che nell’etichettatura della passata dovesse essere indicata, a partire dal 15 giugno, la zona di coltivazione del pomodoro fresco coltivato.
L’attenzione dei consumatori nei confronti dell’etichetta trasparente per la passata di pomodoro è giustificata dalle preoccupazioni su frodi, truffe e imbrogli che possono nascondersi dietro una delle componenti fondamentali della dieta mediterranea: La produzione nazionale di eccellenza  è infatti minacciata dal falso made in Italy dalla Cina che nel 2005 ha esportato in Italia ben cento milioni di chili di concentrato nel 2005 destinato a essere “confuso” con quello italiano mentre crescono del 20 per cento gli arrivi dalla Spagna che ha spedito in Italia ben 13,6 milioni di chili di derivati del pomodoro. Un “inganno” che non sarà più possibile poiché il nuovo provvedimento entrato in vigore stabilisce che sulle etichette venga obbligatoriamente indicata “la zona di coltivazione del pomodoro fresco utilizzato” anche se i prodotti etichettati precedentemente al 15 giugno possono essere venduti fino al 31 dicembre 2007. 
  

 OLIO D’OLIVA:  VIETATO IL “RABBOCCO” DEL CONTENITORE AL RISTORANTE 
Oltre alla “etichettatura conforme alla legislazione vigente, i contenitori (di olio) devono essere muniti di un sistema di chiusura che perde la sua integrità dopo la prima utilizzazione e che quindi non permette il riempimento da parte dell’esercente”. Lo ha segnalato la Coldiretti nel commentare la circolare del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che chiarisce i contenuti della legge n.81/06, nella quale si prevede che “al fine di prevenire le frodi nel commercio dell’olio di oliva ed assicurare una migliore informazione ai consumatori, è fatto divieto ai pubblici esercizi di proporre al consumo, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, olio di oliva in contenitori non etichettati conformemente alla normativa vigente”.
L’interpretazione ministeriale vieta dunque l’utilizzo delle cosiddette “oliere”, ma anche il rabbocco delle bottiglie e dà torto a chi pensava di apporre  la sola etichetta su un qualsiasi contenitore. Una misura contro gli inganni che deve essere tuttavia accompagnata da scelte di trasparenza come l'obbligo di indicare in etichetta l'origine delle olive impiegate nell'extravergine commercializzato per impedire che sia spacciato come Made in Italy quello ottenuto dalla spremitura di olive tunisine o spagnole.
Una situazione resa possibile dalle maglie larghe della normativa sulla quale bisogna intervenire immediatamente prima che si radichi definitivamente sui mercati internazionali un falso olio Made in Italy magari imbottigliato sul suolo nazionale, ma ottenuto con olive straniere all'insaputa dei consumatori e con un grave danno al reddito delle imprese agricole italiane. Si tratta di una circostanza che  toglie spazio di mercato alla produzione nazionale perché sfrutta l'immagine positiva di un territorio e di uno stile ineguagliabili a vantaggio di alimenti che nulla hanno a che fare con il tessuto produttivo agricolo italiano.
Una richiesta alla quale  l'Italia deve al più presto rispondere con l'attuazione della legge 204/2004 che prevede l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti i prodotti agricoli di base come avverrà a partire dal 15 giugno per la passata di pomodoro che rappresenta insieme all’extravergine una delle componenti essenziali della dieta mediterranea.