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Newsletter n°1 del 2 gennaio 2006


N.1 - Settimana dal 2 al 9 gennaio 2006
 
 BILANCIO UE: E’ STATO FONDAMENTALE L’ANTICIPO DELLA RIFORMA DELL’AGRICOLTURA
“E’ stato fondamentale per l’Unione Europea anticipare la riforma della Politica agricola ed ancorarla a principi che la porteranno a combattere le sacche di rendita e di assistenzialismo che ancora ne minano la credibilità dall’interno”. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Paolo Bedoni all’Assemblea di fine anno dell’Organizzazione nel sottolineare che “se non avessimo accelerato questo processo di riforma Blair avrebbe avuto facile gioco in Europa e l’Europa sarebbe tornata con le pive nel sacco da Hong Kong.
“Avere alle spalle la riforma della Pac ha costituito un punto di forza straordinaria per l’Unione Europea” poiché - ha sottolineato Bedoni - “ha spostato l’asse del confronto più avanti nel tempo ma ha, al tempo stesso, messo in evidenza come le scelte per un’agricoltura competitiva e di qualità non sono più rinviabili. “Non si può contare dunque sull’eterno rinvio perché i nodi verranno al pettine prima di quanto non si creda e per questo - ha sostenuto Bedoni - bisognerà fare le cose sul serio sia in ambito UE sia all’interno dei singoli Paesi”.
E “L’Italia, per le caratteristiche della sua agricoltura e per le potenzialità dell’agroalimentare, ha un grosso ruolo da svolgere da questo punto di vista ed anche per questo - ha continuato Bedoni - ci siamo preparati accelerando i tempi di un processo di riforma della politica agricola nazionale che ci mettesse in condizione di chiudere definitivamente con le vecchie pratiche consociative e corporative e di puntare, attraverso la rigenerazione, ad un rapporto nuovo con il consumatore e con la società in generale”. “Per quanto riguarda l’Unione Europea, di rilevante c’è solo il fatto positivo ed evidente che un bilancio alla fine si è messo insieme e che si sarebbe creato un vuoto gravissimo se a questo risultato non si fosse arrivati in qualche modo”.
“Certo l’Europa avrebbe bisogno di ben altro che un compromesso arrangiato su un bilancio striminzito ed è significativo (e deprimente) della condizione di crisi del progetto europeo come in fin dei conti - ha sostenuto Bedoni - ogni delegazione sia stata portata a ragionare in termini di mera difesa aritmetica del proprio interesse nazionale. Tornando a casa ogni Governo ha sentito il bisogno di spiegare che aveva ottenuto qualcosa per sé, evidentemente a scapito di qualcun altro mentre ben pochi hanno sentito il dovere di spiegare che è un’impresa piuttosto difficile fare l’Europa con un bilancio che supera di qualche decimale l’uno per cento”.
“Per quanto riguarda invece la conferenza del Wto le questioni sono più complesse e diluite nel tempo e l’accordo - ha sostenuto Bedoni - maschera una sostanziale inconcludenza del vertice, come largamente previsto. Il Wto mette le virgole e smussa gli angoli ma rinvia le questioni fondamentali ad un futuro lontano, dopo che il mercato e la politica (guerre comprese) avranno definito i rapporti di forza a livello internazionale. Per questo - ha concluso - è fondamentale capire se  e come l’Europa uscirà dalla sua crisi sia politica sia economica, se e come si stabilizzeranno i rapporti tra l’Europa e gli Stati Uniti e come evolverà il confronto a tutto campo tra questi ultimi e la Cina”.  

 FINITO IL DIVIETO, LA FIORENTINA E’ TORNATA SULLE TAVOLE DEGLI ITALIANI
La sorpresa del nuovo anno è la fine del divieto di consumare la vera fiorentina festeggiato dagli allevatori della Coldiretti con qualche ora di anticipo con una maxigrigliata di vigilia a Borgo San Lorenzo in provincia di Firenze dove, secondo la leggenda, nel XVI secolo mentre i fiorentini arrostivano un intero bue, per ricordare la memoria del santo martirizzato sulla graticola, un gruppo di inglesi di passaggio si mise a gridare la parola beef steak dalla quale è derivata l’italianissima bistecca.
Con il 2006, dopo 4 anni e nove mesi di esilio forzato. È quindi finito il più lungo "proibizionismo alimentare" dei tempi recenti iniziato nel Consiglio dei ministri agricoli della UE il 29 gennaio 2001 quando per fronteggiare l’emergenza mucca pazza (Bse) era stata assunta la decisione di eliminare la colonna vertebrale dai bovini di età superiore a dodici mesi, che ha condannato dal 31 marzo 2001 la fiorentina. La vera bistecca fiorentina si taglia infatti nella lombata di vitellone di bovini di età non inferiore ai 15 mesi, ha nel mezzo l'osso a forma di "T", con il filetto da una parte e il controfiletto dall'altra ed è alta non meno di 3 e non più di 4,5 centimetri.
Il ritorno della bistecca con l’osso – ha sostenuto la Coldiretti - è un riconoscimento per gli allevatori che hanno investito sul fronte della qualità, della  tracciabilità e della genuinità e della sicurezza dei prodotti con una drastica riduzione del fenomeno Bse: dai cinquanta casi individuati nel 2001 ai sette del 2005 su circa 800.000 test effettuati sugli animali. I risultati dimostrano l'efficacia delle misure adottate per far fronte all'emergenza Bse come il divieto dell'uso delle farine animali nell'alimentazione del bestiame, il test obbligatorio su tutti i bovini di età superiore a 24 mesi e su tutti i capi malati o sottoposti a macellazione d'urgenza, l'eliminazione degli organi a rischio Bse dalla catena alimentare.
Ma anche e soprattutto l'introduzione a partire dal 1 gennaio 2002 di un sistema obbligatorio di etichettatura che consente di conoscere l'origine della carne acquistata con riferimento agli Stati di nascita, di ingrasso, di macellazione e di sezionamento, nonché un codice di identificazione che rappresenta una vera e propria carta d'identità del bestiame.
Dalla fine dell'esilio si attende ora un aumento dei consumi di carne bovina dopo che il 2005 si è chiuso con un calo dell'1% in quantità rispetto allo scorso anno, secondo i dati Ismea Ac Nielsen relativi ai primi dieci mesi dell'anno. A beneficiare della ripresa sarà l'intero settore delle carni bovine che coinvolge quasi 80.000 allevamenti agricoli e oltre 2000 imprese di macellazione che danno complessivamente lavoro a 80.000 persone per un valore delle vendita al consumo di oltre 10 miliardi di euro.
  

 L’OGM INQUINA IL BIOLOGICO, SERVE IL MARCHIO ITALIANO  
Per dare ai consumatori di prodotti biologici la certezza di acquistare alimenti non inquinati da biotech è ora necessario rendere operativo il marchio del biologico italiano che garantisca la tolleranza zero sulla presenza di organismi geneticamente modificati (Ogm). E’ quanto ha affermato la Coldiretti nel commentare negativamente l’adozione da parte dell’Unione Europea di una proposta di nuovo regolamento che consente nella produzione biologica una contaminazione da Ogm fino allo 0,9%.
Il marchio italiano serve  per difendere produttori e consumatori che non vogliono consumare Ogm. Dal 2000 a oggi è triplicato il numero di importatori di prodotti di biologici dall’estero mentre si è verificato un drastico crollo del 28% nel numero di imprese agricole italiane impegnate nelle coltivazioni biologiche. Il rischio evidente è che in assenza di una adeguata etichettatura di origine il crescente arrivo di prodotti importati favorisca la diffusione di prodotti contaminati da Ogm.
D’altra parte l’avvio del marchio del biologico italiano è l’occasione per colmare il ritardo del nostro Paese nei confronti di Francia, Germania, Austria, Belgio, Svizzera, Olanda, Svezia e Danimarca che hanno da tempo fatto questa scelta. Una opportunità anche per difendere il podio conquistato dall’Italia nella classifica mondiale della produzione biologica davanti a Stati Uniti e Brasile e dietro soltanto ad Australia e Argentina, Paesi che hanno la disponibilità di terreni coltivati enormemente più grande di quella nazionale.
 

 LATTE FRESCO: CONSUMI RECORD PER IL MADE IN ITALY 
E’ record per la presenza sulle tavole degli italiani di latte fresco Made in Italy che fa registrare il più alto tasso di crescita nei consumi tra tutti gli alimentari, con valori superiori di quasi tre volte la media. E' quanto emerge da un’analisi della Coldiretti in riferimento ai dati sul commercio al dettaglio divulgati dall'Istat, sulla base dei dati Ismea - Ac Nielsen, relativi agli acquisti alimentari delle famiglie nel primi dieci mesi del 2005.
Rispetto all’aumento medio generale degli alimentari dell’1,6% in quantità, il rialzo dei consumi di latte fresco è stato pari al 4,2 per cento, addirittura superiore di quello della carne di maiale (+2,9%) che aumenta per effetto della psicosi influenza aviaria che fa invece diminuire del 5,4 per cento il pollame. Un boom eclatante che si è verificato solo nel secondo semestre dell’anno nei  mesi successivi all’entrata in vigore del decreto interministeriale del 7 giugno 2005 sull’obbligo di indicare sulle confezioni il luogo di provenienza o mungitura, per impedire di spacciare come italiano prodotto importato.
Le nuove norme sulla etichettatura del latte fresco – ha segnalato la Coldiretti - garantiscono una maggiore rintracciabilità e sono state dunque giudicate positivamente dal mercato e dai consumatori che hanno dimostrato anche di apprezzare il decreto che ha allungato al sesto giorno successivo a quello del trattamento termico la data di scadenza del latte fresco, facendolo rientrare nella tradizionale spesa settimanale familiare. Una positiva combinazione che, insieme ad una sostanziale stabilità nei prezzi di vendita, ha determinato una significativa inversione di tendenza dopo che il consumo di latte fresco delle famiglie italiane si era progressivamente ridotto raggiungendo nel 2004 il livello più basso con un crollo di ben il 14% rispetto al 2000.
Per gli acquisti domestici di latte fresco nel 2004 gli italiani hanno speso oltre 1,62 miliardi di euro per una quantità di 1,3 milioni di tonnellate leggermente inferiore a quella del latte a lunga UHT conservazione (1,4 milioni di tonnellate). La nuova normativa fissa multe fino a 9.500 euro per impedire di spacciare come Made in Italy latte munto da mucche bavaresi, austriache, francesi o slovene, riguarda per il momento solo il latte fresco pastorizzato che arriva crudo allo stabilimento  e viene sottoposto a un solo trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura mentre il latte UHT a lunga conservazione subisce un trattamento termico di sterilizzazione in flusso continuo seguito dal confezionamento asettico che consente una durata pari a 90 giorni.
Una differenziazione di processo che oltre a rendere più probabile l'utilizzazione di latte importato per il confezionamento a lunga conservazione (non essendoci il vincolo delle 24 ore dalla mungitura c'è più tempo per il trasporto dall'estero) influenza e differenzia notevolmente le proprietà dei due prodotti.